Chi conosce la sindrome di Eagle?

La sindrome di Eagle, e’ una condizione rara dovuta ad un abnorme lunghezza del processo stiloideo (maggiore di 2,5 -3 cm.) dovuta alla progressiva calcificazione del legamento stiloioideo (mono o bilateralmente).

Statisticamente compare maggiormente tra i 30-40 anni di eta’. Le donne hanno piu’ probabilità’ di presentare una forma sintomatica.

Deve il suo nome all’otorino che l’ha diagnosticata per la prima volta, nel 1937.

I sintomi sono molto variabili a seconda delle strutture con le quali interferisce. La variabilita’ dei sintomi è dovuta alla densita’ di strutture presenti in quella zona: vene ed arterie, nervi e strutture anatomiche (faringe, spazi laterali del collo).

Si calcola che ne soffra circa il 2-4% della popolazione, sebbene non tutti i soggetti con processo stiloideo sovradimensionato vadano incontro a sintomi ( presenti in percentuale tra il 4 ed il 10% di tutte le diagnosi di sindrome di Eagle).

Nonostante cio’ in caso di sintomatologia eterogenea, dolori inspiegabili, sensazione di corpo estraneo in gola, capogiri, dolori all’articolazione temporo mandibolare, svenimenti improvvisi ecc, andrebbe attentamente valutata.

A seconda della prevalenza dei sintomi si distingue una sindrome di Eagle Classica, dove il dolore e la disfagia (difficolta’ a deglutire) sono i sintomi preminenti e una sindrome di Eagle vascolare, dove i sintomi dovuti alla sofferenza di arterie e vene sono predominanti ( svenimenti, sensazione di “testa confusa” ecc).

La forma classica sembrerebbe associata ad interventi di tonsillectomia, ma essendoci sindromi di Eagle anche in soggetti non sottoposti a tale intervento, si suppone esistano anche altre cause, in particolare un’ipertrofia su supposta base genetica del processo stiloioideo e/o dei processi infiammatori a carico della muscolatura adiacente che determino prima una evoluzione fibrosa del legamento e poi una sua mineralizzazione. Questo processo sembrerebbe analogo al normale invecchiamento dei legamenti che tendono, nel tempo ad irrigidirsi e se sottoposti a sollecitazioni anomale, a mineralizzare ( ossificazione).

Solitamente viene diagnosticata dall’otorino, sulla base dei dati anemnestici uniti all’esame obiettivo. Piu’ raramente è diagnosticata dal dentista, in particolare dallo gnatologo poiche’ spesso è associata a dolori dell’articolazione mandibolare, poiché l’ipertrofia del processo osseo e’ visibile tramite una radiografia panoramica che è l’esame di primo livello per la valutazione dei disturbi articolari ma spesso si riscontra “casualmente” in panoramiche eseguite per altri motivi (es valutazione dei denti del giudizio).

Una volta diagnosticata possono essere utili esami strumentali piu’ precisi per valutarne l’esatta estensione e rapporti con le strutture vicine.

Il trattamento è sintomatico ( analgesici, antinfiammatori, applicazioni locali di calore) almeno in un primo tempo. Se il paziente non trae giovamento da questo si potra’ intervenire chirurgicamente per riportare il segmento osseo a dimensioni meno ingombranti.

Sebbene sia una sindrome rara è importante sospettarne l’esistenza in quei casi dove altre indagini non abbiano prodotto risultati.

In particolare, la sindrome puo’ essere facilmente scambiata per un problema dentale o articolare; per questo qualora i fastidi lamentati non diano riscontri clinici, andrebbe valutata anche la sua ipotetica presenza; è pero’ tipico di questa sindrome il peggioramento dei sintomi quando il paziente gira la testa rapidamente ( il che puo’ gia’ orientare verso questa diagnosi).

Per quanto rara, è comunque sottodiagnosticata a causa del fatto che i sintomi sono in comune con numerose altre patologie piu’ comuni, per cui spesso i pazienti, stanchi di esami inconcludenti si rassegnano a non indagare ulteriormente la causa dei loro fastidi, mentre il sospetto diagnostico, una volta formulato, è di facile accertamento e terapia.